mercoledì 31 dicembre 2008

Si (ri)parte.

Qui si parte, stavolta il Capodanno sarà davvero in compagnia dolcissima.

Ripenso ad esattamente un anno fa: una giornata che doveva essere normalissima e che invece rivelò una coda fatta di problemi e di incomprensioni, una fine pessima per il 2007. Il 2008 iniziò in maniera un po' cauta, ma dopo i soliti esami, la laurea, Parigi, l'ammissione al PhD, l'Inghilterra, Cambridge e tutto il resto si è trasformato in un anno di quelli da ricordare per tutta la vita.

E, dopo questo 2008 così pieno di soddisfazioni, di sorprese, di trionfi e di piccoli problemi superati, spero davvero che il 2009 continui sulla stessa strada.

Buon anno, soprattutto a noi.

mercoledì 24 dicembre 2008

Desiderio di Natale


Foto: * Nina *

Un altro Natale e altri cambiamenti, altre cose nuove che appaiono all'orizzonte e altre che invece scivolano alle mie spalle.

Davvero, spero tanto che sia un Natale in cui desideri semplici e immediati si trasformino, per questa volta, in docili certezze.

martedì 23 dicembre 2008

FaceSims.

Inutile farvi notare l'esplosione che ha avuto in Italia Facebook negli ultimi 12 mesi.

Ne parlano praticamente tutti, ma ha avuto inoltre l'enorme merito di far avvicinare al Web persone che probabilmente non avevano mai avuto nè la voglia o la capacità di lanciare un browser. I numeri parlano chiaro, si tratta di una crescita esponenziale: vale a dire che ogni mese il numero di utenti italiani iscritti a Facebook è raddoppiato, arrivando alla soglia di circa 5 milioni di persone.


Il grafico tratto dai dati ufficiali conferma l'impressionante trend di crescita del social network negli ultimi mesi.

Tendenzialmente penso che questa esplosione sia dovuta all'innata propensione del popolo italico a farsi più gli affari dei conoscenti piuttosto che quelli propri. E non penso sia una riflessione così difficile da concepire, visto l'enorme numero di persone che utilizzano Facebook proprio come piazza di pettegolezzo virtuale.

Personalmente, trovo molto divertente anche la parte ludica della piattaforma: la possibilità di confrontarsi con gli amici e di sfidarli con i semplici e divertenti giochi Flash moltiplica le opportunità di divertimento grazie al sapore della sfida e della competizione. Infatti è sempre piuttosto piacevole superare il punteggio di qualche amico e prenderlo bonariamente in giro dopo la sconfitta: se questa opportunità viene aumentata grazie al numero elevato dei propri amici che giocano, diventa davvero più di un semplice passatempo.

Ho passato gli ultimi giorni a giocare un po' con Pet Society: si tratta di un gioco della Playfish, autrice di Who has the biggest brain ed altri titoli ben noti all’interno di Facebook. D'ispirazione simile al vecchio Tamagotchi, è possibile giocare con un animale da compagnia, ovvero un "pet", ed aiutarlo a conoscere i pet dei propri amici. Il pet è completamente personalizzabile nell’aspetto ed ha bisogno di mangiare, divertirsi e di pulizia. Basta una strofinata col sapone ogni tanto, una visita agli amici o una partita col frisbee ed una mela e poi è contento.

Questo gioco ha avuto un discreto successo, soprattutto grazie alla possibilità di interagire direttamente con gli altri pet: mentre in passato la competizione si limitava alla classifica dei punteggi singoli o a competizioni dirette, qui una dinamica pseudo-sociale è messa in funzione all'interno di un mondo virtuale.

Da questa considerazione diventa piuttosto immediato estendere la possibilità di gioco ad altri mondi virtuali: un gioco che si ispiri al fortunatissimo The Sims, ma con la possibilità di impersonare se stessi in un mondo virtuale potrebbe davvero essere rivoluzionario. Non parlo di un mondo alla Second Life, in cui ogni partecipante cerca, più o meno velatamente, di vivere, appunto, una seconda vita: un mondo virtuale in cui viene ricreato con esattezza il mondo reale, con la propria cerchia di amici e le dinamiche che vengono giocoforza influenzate dai rapporti reali tra le persone.

Sarebbe davvero affascinante studiare cosa succederebbe in un gioco del genere: chissà quante coppie potrebbe rompersi perchè lui o lei ha fatto il filo a qualcun altro nel gioco reale, oppure altre simpatiche degenerazioni. Insomma, potenzialità illimitate ma anche grossi e pesanti implicazioni socio-culturali: ovvero, esattamente la recente storia di Facebook, in termini di influenza sulle persone.

Ma probabilmente non potrebbe mai accadere una cosa del genere, visto che, in ogni caso, ciascuno di noi ha già una vita reale a tempo pieno da vivere.

Ma siamo davvero così sicuri che non succederà mai?

domenica 21 dicembre 2008

Un bilancio niente male, parte seconda.

Mi guardavano con tristezza e livore, e quindi ho deciso di parlare anche di loro.

Dieci album che non ce l'hanno fatta ad entrare nella mia classifica ma che sono stati comunque ottimamente apprezzati durante questi mesi.

21. Bon Iver - For Emma, Forever Ago
Se si vuole essere pignoli, è uscito in edizione autoprodotta nel 2007, ma si tratta di un disco di accorato cantautorato che strazia l'anima e annoda le viscere: Bon Iver, chiuso durante tutto l'inverno in una capanna del Wisconsin, ha cercato di lenire il suo spleen esistenziale componendo canzoni su canzoni. E certamente è riuscito a creare splendidi pezzi di puro e semplice folk: "Skinny love" mette i brividi, la voce che si eleva in maniera gelida e nebbiosa e l'amore che sanguina, sul pavimento.


22. Why? - Alopecia
Non ho mai apprezzato l'hip-hop, lo trovo piuttosto burbero e artisticamente monotono. Tuttavia, Why? è capace di esondare oltre gli argini del genere e riesce a confezionare un disco in cui il suo rap cantato si posa dolcemente su canzoni interessanti e originali, in cui elementi di rottura come i coretti sixties o le chitarre più rock riescano ad apportare una ventata di freschezza. E poi, l'ironia pungente di testi come quello di "These new presidents" è un punto a favore della poliedricità dell'artista.

23. Tv On The Radio - Dear Science,
Sono stati incensati dalla critica americana come i promotori di una rivoluzione, di una nuova musica: personalmente li ho trovati discretamente accattivanti, ma nulla più. Piuttosto, sono stati capaci di prendere la black music, il soul, l'hip-hop e il rock e di mescolarli fino a creare qualcosa di nuovo. L'album è pieno di canzoni molto ben prodotte, come la campale "Dancing choose": resta comunque l'idea di un album complesso che, forse, riusciremo a comprendere pienamente solo tra un po' di tempo.

24. Noah And The Whale - Peaceful The World Lays Me Down
Ecco un tipico album di folk-pop, come ce ne sono tantissimi: però almeno questo ha il merito di cercare, con piglio sicuramente pop, di creare canzoni dal ritornello assassino, semplici, fresce e frizzanti, di quelle da canticchiare subito non appena si ascoltano per radio. Pezzi giocosi e malinconici convivono nell'album, ma la mia preferita resta il singolo "5 years time": si appiccica come colla alle orecchie e non va più via, con i suoi coretti primaverili e l'istantanea voglia di sorridere.



25. Offlaga Disco Pax - Bachelite

Ritorna un gruppo di cui ho amato molto il disco di debutto, ed anche questo secondo album è piuttosto interessante. Non ci sono forse canzoni epicamente storiche, ma parecchi pezzi sono complessi e crescono con gli ascolti. Fra tutti brilla "Dove ho messo la golf?", con il suo andamento lento e circolare e la sua storia incredibilmente post-romantica, a metà tra consumismo e feticismo. E anche dal vivo, sono stati stupendi. Esteticamente sovietici, peraltro.


26. Santogold - s/t
Nessuno stile ben definito, ma un debutto che offre un luccicante prodotto pop, particolarmente adatto per divertirsi, divertire e anche un po’ stupire l’ascoltatore. Fortemente influenzata da M.I.A., la musica di Santogold però ha una propria personalità che si rivela in un pezzo come l' imprevedibile “Lights out”:un riff carico di tensione che però accompagna una canzoncina lievissima e leggera, personalmente uno dei punti più esaltanti del disco. Trascinante e travolgente, impossibile opporre resistenza.



27. Los Campesinos! - Hold On Now, Youngster...
Una scatenata band gallese che suona un power-indie-pop velocissimo e leggero, multiforme e con sfumature punk. Una scossa energica all'intero carrozzone della musica intellettualmente impegnata: chitarre, batterie e urla per divertirsi senza pensare, riempiendo il dancefloor. Eppure l'introduzione di "You! Me! Dancing!" è da manuale per come si trasforma da un mantra di chitarre in un potente anthem da stadio. Da applausi, per il bis.


28. Matt Elliott - Howling songs

Attenzione: questa è musica oscura, fosca e disperata. Matt Elliott chiude un po' in calando la sua trilogia del disincanto con un post-folk quasi apocalittico e dall’evidente sapore mitteleuropeo. Atmosfere rarefatte e oniriche, inserzioni elettroniche e loop per aumentare la carica ipnotica, frequenti climax che sfociano in soffici esplosioni senza rumore. E così “The Howling Song” offre un cingolante e appassionato lamento, catene che sbattono e urla modulate, sempre un climax di emozioni, di suoni, di lacerazioni che si annulla in un tenue riverbero, un malinconico paesaggio.

29. Martina Topley-Bird - The Blue God
Il 2008 è stato forse l'anno del ritorno del trip-hop, e questa favolosa cantante ha contribuito in maniera ottima. Questo disco è una raccolta di pezzi che partono dalla pura tradizione trip-hop ma che svelano un sentimento più cupo e oscuro, fosche tinte noir che rendono le canzoni dei lussuriosi istanti di puro piacere. L'ottima "April grove" esprime splendidamente il mood del disco, tra una voce che melliflua si insinua e il battito elettronico che pulsa dietro le quinte.


30. São Paulo Underground - The Principle Of Intrusive Relationships

Un disco piuttosto interessante e al contempo complesso, un audace tentativo di fusione tra free-jazz, stilemi brasiliani e sperimentazioni post-rock più estreme. Mi ha colpito profondamente l'apparente amorficità del lavoro, una massa sonora che in continuo movimento su cui scintille e staffilate disegnano un percorso assurdamente coerente. Le sincopate e soffocate trombe di "Cosmogonia", che annegano in un muro di distorsioni, è qualcosa di genialmente febbricitante. Osticamente difficile, meravigliosamente sciamanico.

sabato 20 dicembre 2008

Un bilancio niente male.

A chiusura di un anno così denso di avvenimenti come questo fantastico 2008, non può mancare anche l'ormai rituale passaggio della classifica dei migliori dischi di questi 12 mesi: sinceramente ho ascoltato davvero moltissima musica nuova, grazie al meraviglioso mondo di OndaRock e anche all'avventura di BlogList, per il quale ho scritto qualche recensione musicale.

E' stato un anno di approfondimento, in cui ho scoperto nuovi generi e nuove sensazioni: sono sempre stato alla ricerca di una forte componente emotiva più che estetica, ma lentamente inizio ad appassionarmi anche dal punto di vista tecnico ai pezzi che ascolto e cerco, sopratutto, di approfondire la componente storica. Ovviamente rimane sempre come unico obiettivo il divertimento, quindi non accampo nessuna pretesa di competenza.

Dopo questo velato disclaimer, ecco una classifica, mia e personalissima, dei dischi che più ho apprezzato in questo 2008.

20. Bersarin Quartett - s/t
Sono sempre stato un sostenitore dell'algida elettronica tedesca, ma questo disco è permeato da un gusto così post-sovietico da risultare accorato e drammatico. Debutto di uno sconosciuto artista di Münster, è un trionfo di loop con archi filtrati, sample che si innestano con dinamica irregolare e stratificata, echi cinematografici di paesaggi urbani vuoti e desolati, in cui unica consolazione rimane, forse, il vento che solleva la polvere.
Elementi fortemente romantici, figli di una tradizione classica tedesca a tratti insuperabili, colorano in maniera eccezionale i pezzi. La splendida "St. Petersburg", con la sua coda di esplosioni, è davvero un piccolo capolavoro d'arte moderna.

19. Fucked Up - The chemistry of common life
I primi secondi contengono un flauto, ma immediatamente si presenta una chitarra vorace e poi un urlo rabbioso: puro hardcore-punk, un colpo al volto e inizia una discesa a tutta velocità attraverso canzoni veloci, piene di carica e di fuoriosa grazia. I canadesi Fucked Up piazzano colpi su colpi, ma la loro tecnica è davvero sopraffina e il disco si lascia ascoltare. Difatti, sebbene non sia effettivamente un amante del genere, non ho potuto fare a meno di scatenarmi con i loro pezzi in cuffia. Superata la diffidenza verso la voce gracchiante e urlata, pezzi com "Son the Father" regalano pelle d'oca e brividi di piacere. E poi, la copertina è la foto che mi piacerebbe scattare.

18.These New Puritans - Beat Pyramid
Math-rock puro e sghembo per questo quartetto londinese: strutture ritmiche complesse e riff accattivanti, ma la capacità di sorprendere con sperimentazioni li rende probabilmente più interessanti del resto delle band inglesi. Il disco scivola veloce e potente attraverso pezzi davvero carichi di originalità e brevi intermezzi sperimentali, orde di suoni che si accavallano e si precipitano con irruenza. Li ho apprezzati anche per la loro attitudine un po' oscura, un post-punk tenebroso ben rappresentato dalla cavalcata "Elvis", forse il loro brano di maggior successo.


17. Le Luci Della Centrale Elettrica - Canzoni da spiaggia deturpata
Il caso musicale italiano dell'anno: debutto folgorante, hype che sale a livelli incredibili, la critica e il pubblico che si dividono. Brutta copia di Rino Gaetano, ultimo vero cantautore italiano, epigono dell'estetica dei CCCP: insomma, l'accordo è impossibile. Resta il fatto che i suoi testi sono davvero bellissimi e spettrali, la rabbia con cui vengono fuori regala emozioni e la chitarra di Canali ricama elettricità su tutto. Non di meno, piccoli minuscoli tormentoni nascono e si diffondono, nella migliore tradizione italiana: e così si va a bere dalle pozzanghere, si scopre che i CCCP non ci sono più e ci si impicca nei garage. E forse la voce che si infiamma in "Piromani" è davvero il segno che la musica italiana è viva e vegeta. Ancora.

16. Fleet Foxes - s/t
Da Seattle ecco l'ennesimo gruppo di qualità eccelsa: il loro sedicente "baroque harmonic pop" è un monocorde affresco fatto di folk-pop, delicati arpeggi di chitarra e coretti bucolici, ma anche di storie cupe, appalachiane e distruttive. Sono stati piuttosto pompati dalla critica di oltreoceano, ma personalmente ho visto un bell'album, bei suoni e ottime canzoni pop. I pezzi sono orecchiabili e si incollano alle orecchie dopo pochi ascolti, inoltre le qualità vocali del gruppo sono sicuramente degne di menzione. Episodi cupi e malinconici come "Tiger Mountain Peasant Song" rivelano inoltre una capacità di scrittura che può relagare numerose soddisfazioni in futuro.

15. Thomas Function - Celebration
Ecco uno di quei dischi così scanzonati e irriverenti che risultano perfetti per allietare una divertente serata tra amici: un misto incredibile di generi diversi, dal power-pop al garage, blues, rock, voci fanciullesche e tremendamente esilaranti, canzoni semplici ma trascinanti. Un quartetto di ragazzoni dell'Alabama, che magari fa le prove nella cantina dei genitori: ed ecco un perfetto album di puro divertimento, canzoni immediate e fresche, frizzanti e colorate come un ghiacciolo alla Coca-Cola. E "A long walk" regala progressioni davvero incredibili, ma sono registri e toni diversi sono ugualmente presenti nel disco. Perfetto per una festa, una gita fuori porta o per l'autoradio durante viaggi brevi.

14. Drift - Memory Drawings
Non ho mai nascosto il mio amore smisurato per il post-rock, per le sue progressioni lente e trascinanti, per il suo liquido ed elettrico fluire. D'altra parte, anche il jazz ha iniziato, seppure più recentemente, ad affascinarmi. Ed ecco che arrivano i Drift: i loro riverberi sognanti, la dialettica di lotta tra la gli strumenti, la tromba che combatte contro basso e batteria, asimmetrie e poliritmi, assoli lunari di bellezza pietrificante. Il tutto in un'estetica post-rock che regala calore ma anche fredda luminosità ad ogni nota. E in "Uncanny valley" la tromba si accompagna alla batteria su pendii ripidi e scivolosi, in un climax sottolineato solamente dalle chitarre in secondo piano. Disco ammaliante.

13. Mercury Rev - Snowflake Midnight/Strange Attractor
Se una band che da anni non pubblica più nulla dopo i capolavori degli anni 90 pubblica un doppio album nel 2008, possono accadere due cose: una tiepida e scialba reunion oppure un capolavoro costruito con il coraggio di osare su una nuova strada. I Mercury Rev hanno proprio trasformato la propria arte e hanno sfornato un doppio album di dream-pop sognante ed etereo, ma costellato di pulsazioni elettriche e raggi di luce, di distorsioni shoegaze e progressioni epiche. Un pezzo multiforme come "People are so unpredictable (there's no bliss like home)", con i suoi cambiamenti di registro e la sua luminosa e onirica bellezza, regala piacevoli brividi sintetici e lucenti istanti di puro piacere. La classe non è acqua.

12. Black Mountain - In the future
Un'immersione nel hard-rock di circa 30 anni fa: i Black Mountain sono riusciti a riappacificarmi con un genere musicale che non mi aveva detto nulla e che, invece, ho iniziato ad apprezzare con estremo interesse. Brani lunghi e progressioni complessi, sapore di Pink Floyd e Jefferson Airplane ma in maniera quasi surrogata, come se questa rievocazione storica si fermasse a metà tra recupero del passato e rielaborazione originale. Nonostante questo evidente limite, è un album piuttosto simpatico che ha il pregio di recuperare sonorità avvolte nella storia: l'incipit "Stormy high" potrebbe far innamorare più d'uno.

11. Mogwai - The hawk is howling
Ritornano i maestri scozzesi del post-rock, gli alfieri di un genere che ha generato proseliti a volte imbarazzanti ma che può regalare emozioni laceranti. Ed è proprio il caso dei Mogwai, che si dimostrano sempre capaci di superare i canoni del genere restanone comunque all'interno: le dinamiche complesse e stranianti, i riverberi che si accumulano, i climax sonori che avvolgono sono sempre cesellati con perizia non comune e le atmosfere quasi industriali di alcuni pezzi esemplificano un'estetica postmoderna e decadente. Un pezzo come "Scotland's shame", poi, è da annoverare tra i migliori di sempre della band: una distorsione di fondo sul cui muro si innesta una melodia struggente, chitarre che si inseguono e che rotolano, veloci, verso il nulla.

10. Foals - Antidotes

Altro disco di spensierato math-rock, con capacità immediata di trascinare la mente verso ritmi inusuali e contagiosi: i Foals mi hanno colpito per l'apparente immediatezza dei loro pezzi, dietro cui si celano ritmiche complesse. Irruenza adolescenziale che riesce, senza un briciolo di elettronica, a coinvolgere il corpo e la mente al pari della migliore detroit techno. Forse si tratta di brani un po' simili tra di loro, ma la brevità e l'originalità del lavoro merita davvero più di un ascolto. Impressiona parimenti la carica del gruppo, che trasmette un'energia incredibile sia nella musica che nell'attitudine, ed un pezzo trascinante come "Cassius" ne è la dimostrazione più evidente.


9. Fuck Buttons - Street Horrrsing
Un debutto per me folgorante, che mi ha avvicinato alla scena noise scoperchiando di fatto un vaso di Pandora nella mia mente. Strutturato come un'unica lunga suite, questo disco è una violenza dolcissima verso l'ascoltatore, che viene trasportato da droni metallici, urla filtrate e noise, ma anche l’elettronica e i synth sono degli importanti comprimari. Un gusto pop fatto di melodie degne di Brian Eno che vengono però divelte dal tribalismo onirico di pezzi come “Ribs out”, capaci di sovvertire e sconvolgere con le percussioni demoniache e le urla selvagge. Un disco che può risultare indigesto a molti, ma che davvero regala cortocircuiti mentali e un'ossessione, costante, che non va più via.

8. Deerhunter - Microcastle/Weird Era Cont.
Una scoperta piuttosto recente, ma che è stata senz'altro molto gradita: il doppio album dei Deerhunter è un frullato indie di svariati e slegati generi, un calderone in cui convivono dream-pop, synth-pop, shoegaze e forse tanto altro ancora. Affascina la capacità con cui saltellano tra canzoni di registo così differente senza mutare le coordinate di fondo della loro musica, in una sequela impressionante di canzoni che hanno, tutte, la capacità di restare impresse nella mente, nelle orecchie. Impossibile destreggiarsi tra i vari pezzi alla ricerca del migliore, ma il mio preferito è senza dubbio lo psych-pop di "Nothing ever happened": diretto, veloce e aggraziato. Grazie, davvero.

7. Beach House - Devotion
Un disco che mi ha catturato durante l'inverno scorso grazie alle sue sonorità così eteree e sognanti, uno chamber-pop di squisita fattura che si regge molto sull'atmosfera domestica della musica e sulla splendida e accorata voce di Victoria, capace di ricamare e saltellare in maniera affascinante e splendente. E le canzoni sono così docili e graziose da rapire l'attenzione: per qualche minuto si vola in preda ad un sogno, in un fioco eco di luci magnetiche e in un manto sonoro fatto di effetti e chitarre, tastiere e organi. Inoltre "Gila" è probabilmente una delle canzoni più belle di questo 2008: Victoria riesce a commuovere con la bellezza dei suoi voli vocali, mentre la musica, serva, si piega al suo fascino.

6. No Age - Nouns
Due ventenni alle prese con distorsioni e punk: no, non è il 1984 e i My Bloody Valentine sono ormai una band storica, eppure i No Age sono riusciti a ricreare in maniera originale quella sensazione di violenza che stuprò le orecchie di molti e che ancora oggi affascina. A metà tra scanzonata band collegiale e sincopato gruppo punk, i No Age confezionano canzoni pregne di un wall-of-sound smaccatamente pop, annegate dentro sfrigolii elettrici, in un'attitudine lo-fi che regala una patina di ingenuità al lavoro. Canzoni come "Here should be my home" potrebbero benissimo diventare singoloni di successo tra i ragazzi di oggi, ma purtroppo il mondo va a rotoli e quindi i No Age li apprezziamo davvero in pochi. Troppa grazia, probabilmente.

5. Cut Copy - In ghost colours
La serata perfetta sul dancefloor house: ecco cosa trovate dentro l'alcum dei Cut Copy. Non stiamo parlando, però, della solita musica house, ma di un abile ricetta in cui si sposano a meraviglia sonorità 80s e elettronica più moderna, coretti 60s e sintetizzatori, nonchè casse che hanno il sapore acido e duro dei 90s. Oltre ai pezzi più danzerecci, di una qualità così eccelsa da risultare effettivamente irresistibili, è possibile trovare anche momenti meno scafati e rallentati. Ma è comunque con “So haunted” che siamo letteralmente trascinati in pista: una cavalcata inarrestabile, i bassi che montano, le chitarre taglienti e il ritornello assassino: ed è stupendo sciogliersi immediatamente nella calda e unta house music dei Cut Copy.

4. Baustelle - Amen
Dei Baustelle si è parlato davvero tanto, forse troppo: da piccoli alfieri dell'indie-pop italiano sono passati al successo nazionale, e questo può aver dato fastidio. Resta il fatto che hanno fatto un album eccezionale, sia sotto il punto di vista della musica che per quanto riguarda i testi, originali e sempre bellissimi. Forse un po' d'odio verso gli intellettuali li ha danneggiati un po', ma trovo splendidi i loro bozzetti sociali di questi anni roventi, così come apprezzo la genialità de "Il liberismo ha i giorni contati", con la sua impietosa analisi di questa Italietta. Li ho pure visti dal vivo, in un concerto che ha confermato la mia opinione sul gruppo: una delle realtà più belle ed eleganti della musica italiana.

3. Portishead - Third
Stesso discorso fatto per i Mercury Rev: una band si riunisce dopo tanto tempo e sforna un capolavoro. Ma in questo caso si tratta davvero di un disco che ha spiazzato tutti, perchè i Portishead avevano fatto la storia del trip-hop nel 1994 e adesso continuano ad incidere il loro nome con caratteri immortali nella storia della musica. Beth Gibbons rimane sempre un miracolo, la sua voce, immensa, regala emozioni elettriche e totali: la band riesce a virare su territori più oscuri, figli di un'epica industrial davvero innovativa. E poi, un pezzo come "The rip" è qualcosa di monumentale: la voce che inizia delicata e che viene stravolta e strappata in un loop infinito, una meteoria infuocata che solca i nostri cuori. Una lacrima infinita.

2. Have A Nice Life - Deathconsciousness
5 anni: in questo lasso di tempo gli Have A Nice Life, chiusi in uno scantinato del Connecticut, hanno creato questo stupendo album. In bilico tra shoegaze e gothic, 85 minuti di pezzi lunghi e stratificati divisi in due metà: la prima più oscura e riflessiva, dominata da toni eterei e pacati imbevuti di ineluttabile e deserta tristezza; la seconda più potente, più elettrica, pennellata tra fortissimi echi industrial e urla noise-punk, chitarre scheggiate e voci filtrate. Ma ogni singola canzone è una perla di chiara e lucente bellezza: forse svetta tra tutte la splendida piece finale “Earthmover”, che muove da un cantato semplicissimo ma ricco d’effetti per annegare in un vortice di rumore in cui si aggira soltanto un’insistente melodia al pianoforte.

1. The Magnetic Fields - Distortion
Il loro frontman Stephin Merritt è un ottimo autore di splendide canzoni pop, ma stavolta è riuscito ad annegare le sue melodie e i suoi ritornelli killer in un muro di distorsioni e feedback degno dei Jesus And Mary Chain. Un proposito che può apparire ridicolo, ma che ha dato vita ad un disco sensazionale: melodie meravigliose, testi sempre divertenti ed intelligenti e tanta, tantissima distorsione. Pezzi che gareggiano tra di loro per bellezza, ma il mio preferito è probabilmente "Too drunk to dream": irriverente, geniale e accompagnato da un cumulo di riverberi, distorsioni e feedback. Penso che a Merritt avrebbero dovuto dare un premio solamente per aver concepito l'idea, di questo disco.

sabato 13 dicembre 2008

Wordle.

Questo blog è stato un po' bistrattato e trascurato negli ultimi mesi, ma probabilmente potrebbe tornare la voglia di scrivere: ad esempio, sto già pensando alla solita classifica dei migliori album del 2008 da scrivere e commentare...!

Nel frattempo, approfitto di un recente meme che circola per la blogosfera: ecco Wordle applicato al feed di questo blog.


Piuttosto interessante, quasi un approccio strutturalista al blog.

[via pseudotecnico.]

domenica 7 dicembre 2008

Quiete domestica.

Dicembre è un po' un mese soffice, con quella perenne sensazione di vellutata comodità che le feste riescono a regalare. Un caldo e serico abbraccio quotidiano, sensazione piacevoli e gradevole tepore, nonchè rapporti umani che tendono a rilassarsi e a sciogliersi senza gli attriti soliti.

In questa fase della mia vita, in cui cerco di definire nuove coordinate e un nuovo percorso da seguire, è particolarmente piacevole riuscire a vedere che le stesse difficoltà vengono affrontate da tante persone che mi sono care, e che ugualmente lottano e si affannano per trovare una propria personale soluzione.

Forse a causa del periodo dell'anno, o forse per l'innata propensione all'ottimismo, non faccio altro che sognare e pianificare e tutto va splendidamente al suo posto. Spero solo di non dovermi accorgere con incredibile sorpresa che, magari, il futuro che tanto fortemente stringo tra le mani si sta già sgretolando.

Ma, se anche così fosse, non vedrei l'ora di ricominciare.