martedì 4 dicembre 2007

Fuga dei cervelli.

L'ambiente universitario italiano in cui vivo è permeato da una sensazione di ineluttabile tristezza, a causa delle infime prospettive future che vediamo dinanzi a noi in un'eventuale carriera accademica.

Insomma, lo stato Italiano investe migliaia di Euro per formare dei laureati di livello molto buono e poi, all'improvviso, decide che non sa cosa farsene di questo capitale umano preziosissimo. Difatti il settore della ricerca universitaria è in crisi profonda nel nostro paese.

Gli stipendi medi italiani sono i più bassi d'Europa: un dottorando sopravvive con circa 830 euro al mese, un assegnista si fa bastare 1.100 euro mentre un ricercatore gode di ben 1.200 euro. Si tratta di cifre inferiori agli stipendi di un operaio, che di certo non ha dovuto sottoporsi ad anni di formazioni intensiva e impegni di studio.

Per non parlare delle prospettive di avanzamenti di carriera, in un settore in cui tutto è profondamente precario, tutto è in preda ad un'instabilità fortissima che ostacola chiunque a rimanere.

E così rimane solo una scelta: cercarsi un lavoro nel privato, che è spesso molto appagante, o emigrare alla ricerca di un mondo accademico visto soltanto da lontano, sognato, anelato.

E si parte verso nuovi paesi, in cui la società riconosce a queste figure un altissimo merito e ne retribuisce in maniera opportuna le competenze. E i grandi centri di ricerca esteri benificiano in maniera spropositata di queste giovani menti produttive, formate a caro prezzo dagli italici atenei e fuggite meste all'ennesima porta in faccia ricevuta.

E' stata anche una mia esperienza: in un paio di mesi a Londra ho potuto vivere in un mondo privo di cavilli, senza concorsi, senza ostacoli, in cui il dinamismo è così elevato che la tua mente viene costantemente investita da stimoli, la produttività schizza alle stelle e la creatività si sprigiona in maniera consequenziale.

E si parte, si lascia tutto nella speranza di un futuro migliore. Che poi arriva, e inizi a chiederti se ne è valsa la pena di lasciare tutto il resto, e la rabbia cresce suprema contro chi ti impedisce di affermarti dove sei nato, dove sei di casa.

3 commenti:

aL und wd? ha detto...

possibile che i biglietti siano già finiti?il tempo di racimolare i soldi e ciao ciao ciao...buuuh!
eh?
vero?

Almostviola ha detto...

Perché dove sei nato, dove sei di casa si afferma solo chi bara, chi imbroglia, chi scende a compromessi che per te invece sembrano inaccettabili.
Non quanto vali, ma chi conosci, quanto è importante chi ti conosce o ti è parente, quanto sei capace di sopportare una subordinazione senza condizioni chiare.
E allora qui viene fuori il genio italico...ci si inventa un lavoro, un'occupazione, qui o altrove.

Lieve ha detto...

Quello di cui hai parlato è uno degli aspetti più frustranti del nostro paese. Il guaio è che l'unica soluzione, secondo me, sarebbe cambiare il modo di ragionare dei più ma si sa che non è per niente facile ...