sabato 2 febbraio 2008

Cloverfield, o della sospensione dell'incredulità.

La Sospensione dell'incredulità o sospensione del dubbio è la volontà, da parte del lettore o dello spettatore, di sospendere le proprie facoltà critiche allo scopo di ignorare le inconsistenze secondarie e godere di un'opera di fantasia.

Questa meravigliosa teoria estetica di Coleridge è ciò che mi è immediatamente balzato alla mente durante la visione di "Cloverfield", scritto da J.J. Abrams, già creatore di serie TV come Lost e Alias: difatti è necessario immergersi completamente nell'artificio narrativo degli sceneggiatori per godere appieno della vicenda. Si tratta di una videocamera recuperata sul luogo di un non precisato disastro, in pieno stile Blair Witch Project, che viene mostrata al pubblico come un documento reale.

Tutto inizia con le malferme riprese di una festa a Manhattan, ma il tedioso party viene interrotto da un boato e da un urlo animalesco piuttosto lontano: da quel momento inizia una vicenda di impressionante tensione emotiva e visiva. La paura assurda è palpabile in ogni scena, l'immedesimazione è totale grazie al realismo fornito dalle riprese in presa diretta dall'interno: una gigantesca creatura sta devastando Manhattan noi siamo in fuga, esattamente come i protagonisti.

Le urla, il buio, il fumo, le corse in mezzo al fuoco, la gente che scappa in preda al terrore, la videocamera che non rimane nè dritta nè a fuoco, tutto questo regala un sensazione visiva impareggiabile che riesce benissimo a catturare lo spettatore, con una sospensione più o meno esplicità dell'incredulità che fornisce adrenalina purissima, tagliente, infuocata.

Una meravigliosa riflessione sull'America reduce dall'11 settembre e dalla paura che ne lega le viscere, una riflessione sulla nostra civilità del visibile, dove se qualcosa non è su YouTube allora non esiste, non c'è, non è importante.

L'hype mediatico che è stato creato su questo film è assolutamente prescindibile, poichè si tratta di un'esperienza assolutamente sconvolgente in sè, senza alcun bisogno di dietrologia adolescenziale a supporto.

Un film di cui, è chiarissimo, i critici più arcigni e i cinefili più schizzinosi parleranno male e senza pietà, ma di fatto un film potente.

Consigliato, se ne parlerà piuttosto a lungo.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

visto stasera. grande idea e mille spunti.
è pur sempre il regista di lost, eh!
però mi sono cacata sotto. lo ammetto.

:D

maelstrom ha detto...

Ti confesso che ho molta voglia di rivederlo, ho come l'impressione che sotto la patina da filmone adolescenziale ci sia un quid, qualcosa da cogliere e che riguarda un senso da dare al film.

Non so, un'estetica anestetica, per dirla con i Baustelle.

Almostviola ha detto...

Io continuo a pensare a quella povera ragazza che diceva di non dover essere lì...
Rivediamolo!