martedì 19 febbraio 2008

Baustelle, Amen.

Con quell'aria da borghesi saccenti e anche un po' snob.
Con quella voce tremendamente affettata e monocorde che declama testi al limite di un mero enciclopedismo ermetico e retorico.
Con quegli arrangiamenti pomposi e artefatti in cui violini e pulsioni jungle coesistono fianco a fianco.

Sì, i Baustelle hanno fatto un grandissimo disco italiano che contiene tutto questo, e molto di più.

Perchè "Amen" è davvero un disco che lascia una stranissima sensazione addosso, quasi come se la bellezza delle canzoni sia vissuta un po' come una colpa, come qualcosa da giustificare, da spiegare.

E difatti lo ascolto con continuità da qualche settimana, ma è stato necessario far maturare lentamente i suoni, i testi, le canzoni, prima di poterne parlare qui.

In realtà questo quarto disco rappresenta un po' il culmine di un percorso di maturazione della band: un manifesto che celebra la distruzione dei valori del mondo occidentale, intriso di una religiosità veterotestamentaria, quasi da preghiere mandate a memoria, da un'idea di sacro totale e totalizzante.

Ancora una volta sono i testi a brillare, perchè riescono a descrivere una società degradata, annullata, con una perizia senza uguali, con un acume tagliente e davvero speciale. Basta ascoltare "Il liberismo ha i giorni contati", "Colombo", il singolo "Charlie fa surf" per rendersi conto della critica che esprimono sui nostri giorni. E allo stesso tempo coesistono episodi positivi, come nella lunga e psichedelica "Baudelaire" o in "Antropophagus", che rimanda direttamente al Battiato anni '70 di "Foetus".

Ma anche dal punto di vista degli arrangiamenti siamo di fronte ad un raffinato pastiche in cui se il palcoscenico è occupato da soliti stilemi pop all'italiana con l'orchestra, gli archi e tutto il resto, dietro le quinte si animano afflati elettronici, percussioni jungle e raffinate mini-suite simil-jazz come "Ethiopia".

Insomma, siamo di fronte alla rinascita e forse alla definitiva consacrazione della band come veri alfieri di un certo tipo di musica italiana, che nel nuovo millennio ha finora navigato a vista senza conoscere bene la propria destinazione, ma che adesso sembra quasi delinearsi in maniera criticamente esatta e storicamente descrittiva.

E poi, un episodio musicale come la struggente "Alfredo", che rievoca la tragedia di Vermicino in maniera così toccante e triste che in più di un istante m'è sembrato di sentire la voce del grande De Andrè.

8 commenti:

Almostviola ha detto...

A me piacciono tanto "Alfredo" e "Charlie fa surf"...
Ma qual è quella col ritornello musicalmente "ricchi e poveri style"?

maelstrom ha detto...

Quella che ricorda i Ricchi e Poveri è "Il liberismo ha i giorni contati", che in realtà ha una somiglianza impressionante con "Sarà perchè ti amo"... eheh

peppa ha detto...

giuro che l'occhio sulla copertina non è il mio!!!!!!!
ihih... ;)

Almostviola ha detto...

"excusatio non petita..."!!!

Anonimo ha detto...

sto cercando di ascoltare i baustelle, ora. Non lo avevo mai fatto prima. Ho iniziato da quelli vecchi... molto validi, anche se ancora non ho un'idea precisa..

Anonimo ha detto...

Quella che ricorda i Ricchi e Poveri è "Il liberismo ha i giorni contati", che in realtà ha una somiglianza impressionante con "Sarà perchè ti amo"... eheh



O________________________O

Anonimo ha detto...

comunque oltre ai ricchi e poveri ci sento pure parecchio riccardo fogli e viola valentino, nonché gli immortali pooh e samuele bersani bellamente plagiato. in comune con phoetus c'è solo l'ultima sillaba. ascoltare prima di parlare. avessi detto la voce del padrone, patriots, l'era del cinghiale bianco....

maelstrom ha detto...

Riccardo Fogli e Viola Valentino non li ho nominati proprio perchè non li conosco (e qui qualcuno si seccherebbe...), sai, non parlo di ciò che non conosco, prima ASCOLTO.

Per quanto riguarda Bersani, mi irrita molto: se plagio c'è stato, non l'ho notato.