Francesco De Gregori @ Metropolitan
Penso di essere uno dei pochissimi italiani a conoscere il repertorio di Francesco De Gregori, cantautore di chiara fama nel panorama nazionale ma che, personalmente, non mi ha mai coinvolto più di tanto. Complice anche l'amore incredibile che nutro nei confronti delle opere di De Andrè, il mio indiscusso preferito cantore italiano.
Ma accade che insieme ad AlmostViola e Anto (ma alla fine c'era anche StrAgata!)si va a vedere il suo concerto a teatro, perchè a volte diventa bello anche rendere felici le persone e, ormai si sa, l'ideologia con cui si vivono i concerti è già stata enunciata.
Inutile dire che il successo e il seguito che De Gregori ha ottenuto negli anni sono sicuramente meritati: a parte i pochi successi più famosi che conosco già, e che dal vivo davvero si ammantano di uno splendore nuovo e vivace, tutte le canzoni che presenta sono davvero bellissime, piccoli bozzetti di Italia provinciale, di storie d'amore fugaci, di campioni ciclisti di cui innamorarsi, piene di navi, porti, stazioni, tangenziali e finestrini d'automobili.
Mi stupisce il recupero profondo della tradizione popolare, ma in un'accezione molto modera, quasi nichilista e al tempo stesso foriera di speranza, tipica di chi vede il mondo cambiare a velocità impressionante e non si arrende, opponendo valori base quali l'amore, l'amicizia, la bellezza delle piccole cose. Testi profondamenti poetici e spontaneamente chiari: la musica non è però un mero dettaglio, ma una ricca e sostanziosa parte dell'opera, che mi stupisce per l'altissima qualità.
Dulcis in fundo, qualche piccola considerazione sul pubblico catanese.
Io, non posso farci niente, non sopporto la maleducazione estrema che subentra in certi uomini, ma anche in certe donne, non appena le luci si spengono e il teatro riluce solo dell'occhio di bue sul palco. Qualche gentile signora riusciva a rovinare puntualmente la coda di ogni canzone urlando scollacciata frasi come "Sei bellissimo", "Sei stupendo", "Benedetta tua madre", "Ciccio sei grande" (!!!), neanche fossimo al concerto dei Finley e lei una brufolosa adolescente.
Ma il cruccio più grande è la concezione eccezionale che qui sotto il vulcano hanno del fischio, altrimenti segno di bieca disapprovazione: qui si fischia al posto di applaudire, si da fiato alle labbra atteggiandosi a forzuti pastori per esprimere il godimento corporale.
Con il risultato che spesso l'artista, abituato a codici soliti di comunicazione, pensa di essere sonoramente fischiato.
E magari gli girano un po'.
Ma accade che insieme ad AlmostViola e Anto (ma alla fine c'era anche StrAgata!)si va a vedere il suo concerto a teatro, perchè a volte diventa bello anche rendere felici le persone e, ormai si sa, l'ideologia con cui si vivono i concerti è già stata enunciata.
Inutile dire che il successo e il seguito che De Gregori ha ottenuto negli anni sono sicuramente meritati: a parte i pochi successi più famosi che conosco già, e che dal vivo davvero si ammantano di uno splendore nuovo e vivace, tutte le canzoni che presenta sono davvero bellissime, piccoli bozzetti di Italia provinciale, di storie d'amore fugaci, di campioni ciclisti di cui innamorarsi, piene di navi, porti, stazioni, tangenziali e finestrini d'automobili.
Mi stupisce il recupero profondo della tradizione popolare, ma in un'accezione molto modera, quasi nichilista e al tempo stesso foriera di speranza, tipica di chi vede il mondo cambiare a velocità impressionante e non si arrende, opponendo valori base quali l'amore, l'amicizia, la bellezza delle piccole cose. Testi profondamenti poetici e spontaneamente chiari: la musica non è però un mero dettaglio, ma una ricca e sostanziosa parte dell'opera, che mi stupisce per l'altissima qualità.
Dulcis in fundo, qualche piccola considerazione sul pubblico catanese.
Io, non posso farci niente, non sopporto la maleducazione estrema che subentra in certi uomini, ma anche in certe donne, non appena le luci si spengono e il teatro riluce solo dell'occhio di bue sul palco. Qualche gentile signora riusciva a rovinare puntualmente la coda di ogni canzone urlando scollacciata frasi come "Sei bellissimo", "Sei stupendo", "Benedetta tua madre", "Ciccio sei grande" (!!!), neanche fossimo al concerto dei Finley e lei una brufolosa adolescente.
Ma il cruccio più grande è la concezione eccezionale che qui sotto il vulcano hanno del fischio, altrimenti segno di bieca disapprovazione: qui si fischia al posto di applaudire, si da fiato alle labbra atteggiandosi a forzuti pastori per esprimere il godimento corporale.
Con il risultato che spesso l'artista, abituato a codici soliti di comunicazione, pensa di essere sonoramente fischiato.
E magari gli girano un po'.
3 commenti:
Hai dimenticato anche "Ci aiuti a vivere!"
Io avrei ucciso anche quella accanto a noi col suo telefonino che, ad ogni foto scattata (anche se le foto erano vietatissime) faceva "plooot" nei momenti più soft e delicati delle canzoni...
Io conosco e adoro degregori... ho sentito dire che live è davvero insostenibile. Mi hanno raccontato che il pubblico cantava e lui ha detto "almeno questa me la fate cantare da solo?"
no comment!
Non ha detto nulla di tutto questo, non l'ho sentito...!
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